L’intreccio di Perda Rubia

Bottiglie in rassegna nella sala degustazione della Tenuta Perda Rubia

Le mani della tessitrice si muovono sul telaio tra i fili di lana e cotone. Il conteggio uno-due-tre-quattro dei fili è rapido e saltellante, con delicatezza e precisione l’indice e il medio passeggiano formando una V rovesciata come se sfiorassero i tasti di un pianoforte. I movimenti per creare rilievi e forme con i colori sono rapidi e sicuri, gli occhi si spostano verso il disegno posto in alto e poi giù verso la trama, i piedi spingono i pedali per chiudere il movimento. Un suono secco, un nuovo filo si aggiunge ai precedenti, la creazione continua, il disegno prende forma, geometrie, fantasie e colori della tradizione sarda lentamente si materializzano.

Le geometrie di un’antico tessuto sardo, patrimonio della famiglia Mereu, le ritroviamo, disegnate e stilizzate, nelle note etichette dei vini della Tenuta Perda Rubia. Arriviamo in un caldo mattino di Giugno, tanto sole e qualche nuvola mossa da un vento gentile. Ci aspetta Mario Mereu, è da qualche mese che ci rincorriamo, se così si può dire. Questo appuntamento è figlio di alcune letture, una storia che parla del Cannonau (link), qualche e-mail, un paio di telefonate e tanta reciproca curiosità.
Mario è un grande lavoratore, una persona pacata e misurata, portata all’ascolto, ama la sua terra, la rispetta, ne conosce storia, virtù e anche contraddizioni. Sono le caratteristiche che, senza piaggeria, definirei ideali dell’appassionato di vino e dell’imprenditore enologico e, penso, di solito quando queste caratteristiche si sommano il risultato nelle bottiglie in teoria non può che essere positivo.

Una parte delle vigne Perda Rubia.

Da lì a poco la pratica del sollevamento calici me ne darà conferma.

Talana, piccolo comune nella subregione barbaricina dell’ogliastra, così recita Wikipedia. Accorpata nelle colline, distesa in una piccola vallata, la Tenuta dista dal mare in linea d’aria una decina di km. Vorrei ora tanto parlarvi della bellezza delle vicine spiagge “ma che te lo dico a fare Donnie” e allora mi limiterò solo a ricordarvi che oltre alle ragioni enologiche della Tenuta Perda Rubia e quelle gastronomiche della zona circostante, le famose rocce rosse del litorale sono una ulteriore ragione in più visitare questi luoghi. E’ appunto dalle rocce rosse che prende il nome la Tenuta Perda Rubia come anche il suo Cannonau Doc più celebre.

Perda Rubia Cannonau, 2020

Oggi Mario Mereu (che è anche Presidente del Consorzio di tutela del Cannonau) e i suoi fratelli portano avanti l’azienda con grande affiatamento. La realtà della Tenuta mi piace: è una cantina e una fattoria dove si respira il lavoro, si vede il lavoro. E si vede un disegno, una storia, un progetto, una idea, in parte realizzata e in parte in divenire, concedetemi la divagazione filosofica, come l’Uomo. Non c’è molto spazio per frizzi lazzi e cotillons come in altre realtà dedite (talvolta, ahimè, anche più del dovuto) all’impatto estetico con firme di archistar o scenari da favola del Mulino Bianco ed evocazioni di un set cinematografico. Nella Tenuta non si fa solo vino, ci sono anche campi di grano tenero e grano duro, olivi, alberi da frutto; biodiversità non è una parola da brochure patinata ma è la semplice nuda realtà che la circonda.

Una bottiglia di Perda Rubia del 1975

A Talana la natura reclama il suo spazio e sferza la sua energia, erba fiori e alberi punteggiano il territorio, la dispotica forza del tempo ti obbliga ad alzare gli occhi dalla terra al cielo per controllare se stai davvero realizzando il tuo disegno.

Ci spostiamo sulla sommità del versante settentrionale e “da qui, messere, si domina la valle, ciò che si vede, è“. La lunga storia di questa Tenuta parla di vitigni a piede franco (Cannonau), vitigni di Vermentino e di Semidano su innesto, potature diverse a cordone speronato o guyot, e viti delimitate da un viale con un filare di cipressi. Cipressi a Talana? Si, perché la storia della Tenuta, in parte anche ricca di aneddoti avventurosi (vi invito a leggere a tal proposito “Il vino degli altri” di A. Scanzi se volete approfondire) parte da lontano e racconta di gesta antiche.

Di come gli uomini intervenuti in passato abbiano sempre cercato di costruire le basi per uno sviluppo sostenibile delle culture e di come cercassero di sfruttare la natura stessa per risolvere e gestire al meglio la resa della terra. La realtà è trasformabile, ciò che si vede è un presente e un divenire, ma su queste terre il termine ecosostenibile già dai primi del ‘900 era un dato di fatto ordinario e non la ricercata singolarità moderna. Tutto attorno nell’anfiteatro della Tenuta si percepisce un silenzio che invece a ben vedere silenzio non è, la natura offre il concerto audio in stereofonia di dispute e opinioni più varie tra uccelli canterini.

Veduta dal crinale del versante settentrionale. I sesti di impianto e la scelta del tipo di potatura cambiano in base alla vigna, alla loro età, a seconda del sistema tradizionalmente portato avanti nella Tenuta. il Cannonau è a piede franco.
Mario Mereu, mentre preleva un campione in cantina e in occasione della premiazione per la seconda volta consecutiva del premio 3 Bicchieri Gambero Rosso.
La Guida AIS 2025 segnala il Perda Rubia 2021 con 4 Tralci e 91 punti.

Risale al primo dopoguerra (1949) l’iniziativa di Perda Rubia di imbottigliare; sono stati i primi nel Nuorese, una scelta innovativa e coraggiosa all’epoca quella di proporsi al mercato con bottiglia ed etichetta in un periodo dove le damigiane spadroneggiavano, e avrebbero continuato a farlo in grande stile almeno fino ai primi anni ’80. Erano gli anni della scelta “bianco o rosso della casa” al ristorante e di solito, se la compagnia al tavolo superava le 6 persone, allora la risposta era “bianco E rosso”. Stabilite le quantità da ordinare con unità di misura minima il litro e i suoi multipli, ulteriori dettagli sul tipo di vino erano considerati puro sofismo. 

Mi capita talvolta di ritrovare oggi anche nei nomi dei vini, o della denominazione di giovani cantine, richiami più o meno velati alla Tenuta Perda Rubia; forse nella speranza di prendere la scia di chi per primo ha tagliato le onde. Come diceva la reclame “vanta innumerevoli tentativi di imitazione” e questo succede in modo particolare per le sue etichette e i disegni stilizzati delle geometrie di tessuti sardi. Questo è un fatto che non ho mai visto con molta simpatia, chi copia dovrebbe ragionare sull’effetto boomerang delle decisioni di marketing di questo tipo. 

La spiaggia della vicina Santa Maria Navarrese, località turistica molto attraente e con bellissime spiagge.
Inoltre, a pochi chilometri, si possono visitare le spiagge di Baunei, entrate da molto tempo nella classifica delle più belle spiagge del mondo e nel 2025 classificatesi al primo posto. Primo posto, sì, avete letto bene.

I fili, gli anelli di congiunzione nel tessuto della Tenuta, i nodi tra le partenze e gli arrivi di chi ha lavorato la terra, la tradizione e i tentativi di innovare, il lavoro e il rispetto dei tempi della natura, la ricerca di preservare il territorio, la volontà di far esprimere il territorio, le persone e la loro esperienza: questo si ritrova nei vini di Perda Rubia. E infine, tratto distintivo e fattore troppo sottovalutato in tempi dove si cerca di uniformare qualsiasi cosa e qualsiasi pensiero, ritrovare il piacere di riconoscere l’annata e di osservarla nella sua evoluzione. Il lavoro in vigna è, oltre a questo, anche immaginazione, ispirazione e intuito. Quando penso al termine francese terroir e di come sia stato spesso impoverito di significato, io invece penso esattamente a tutto questo e a quanto dovrebbe edificarne la definizione.

Il carico che giocano cantine come Perda Rubia – e lo dico come si direbbe giocando l’asso a briscola – è il tentativo di rivalorizzare correttamente il termine Terroir, parola francese che comprende molti significati e identifica molte cose, parola anche difficilmente traducibile in italiano e troppo spesso inflazionata nel tentativo – sbagliato – di ridurla e ricongiungerla solamente a territorio e poco altro.

Perda Rubia partecipa e contribuisce al progetto Sardinia Terroirs che vede coinvolte 9 cantine della regione Sardegna. Ho avuto il piacere di partecipare ad una degustazione a Cagliari di tutte queste cantine che aderiscono al progetto: affermo, con mio grande piacere, che…finalmente sono stato smentito. Sì, i produttori di vino con questa iniziativa mi dimostrano che i sardi non sono sempre “mal unidos”. Anzi con questa proposta secondo me stanno creando aspettative davvero interessanti e, in cuor mio, spero che si uniscano e si aggancino anche altri partecipanti che ne condividano lo spirito di appartenenza. Tenuta Perda Rubia è anche una cantina affiliata FIVI e questo a mio personale avviso aggiunge ulteriore valore.  (qualche tempo parlai di Fivi e del logo Ampelio in merito alla Cantina Firmino Miotti, se volete approfondire cliccate al link)

Il logo del progetto SARDINIA TERROIRS e le cantine che ne fanno parte. Cliccate sull’immagine per avere maggiori informazioni.

Una bottiglia di vino può parlare? Certo, lo può fare, eccome! Se l’etichetta è la copertina del libro, che ci anticipa e ci informa del contenuto, è il contenuto stesso che ci deve parlare, e lo deve fare attraverso le emozioni che ci regala ai nostri sensi.

Il Terroir è pertanto l’espressione nel calice del vitigno e dello spirito, del senso del lavoro del tempo e dell’uomo sulla vite, sulla terra e sul panorama, della tradizione divenuta tale con l’esperienza, è il senso del piacere di far parte di una storia, di sentirsi intrecciati sul disegno del telaio. E di riconoscersi.

” La filosofia ha vanamente tentato di essere inutile e invece è sempre stata la fonte dell’utilità” ( Prof. Emanuele Severino )

Il vino del quale vorrei parlarvi : Sémida (Semidano 100%, vitigno autoctono) . Perché parlo di un bianco se mi trovo nella cantina del noto Cannonau? Prima di tutto perchè ritengo che il Semidano sia un antico vitigno che merita una riscoperta e del quale si debba cercare una nuova valorizzazione. In Sardegna i cambiamenti di impianto nel passato a causa della fillossera, e la bassa resa del Semidano rispetto al Nuragus, non lo hanno di certo agevolato. Se ne conteggiano in tutta la regione solo una quarantina di ettari, un decimo rispetto alla superficie vitata con il vitigno Nuragus.

Giallo paglierino tenue ma ricco di luce, all’olfatto ricorda frutta bianca, una leggera nota balsamica e una nota agrumata. Se l’etichetta principale del Sémida, nel classico stile Perda Rubia, riporta i noti disegni geometrici del tessuto icona della Tenuta su toni grigio verde chiaro, è invece con sorpresa che leggo una sorta di “novità” nella piccola etichetta posteriore con i dati fondamentali e obbligatori per legge: titolo alcolometrico 11.5°. Da buon veneto la troverei una cosa abbastanza normale sulla quale non soffermarmi, ma nelle terre del sole e del vento questo è invece un obiettivo enologico ben preciso, frutto della scelta ponderata del momento per la raccolta dell’uva. Sémida è secco, caldo e persistente al palato, ha una elegante sapidità che lo contraddistingue e una freschezza che si raccorda in una struttura importante. Sémida potrebbe rappresentare l’abbinamento ideale con molti antipasti e primi leggeri, piatti delicati di pesce, è un vino che si fa aspettare e poi restituisce un piacere di beva che non stanca, non va a comandare sul palato ma rende piacevole continuare a farlo partecipare al pasto. E se parliamo di abbinamenti, tornando per un attimo a considerare la gradazione nel contesto dei vini bianchi sardi, Sémida può offrire molti lati positivi e tanti spunti nel gioco degli abbinamenti cibo-vino.

Enzo Biondo considera in generale il Semidano tra i migliori vini in assoluto…da parte mia non credo di poter arrivare a definirlo in questi termini, ma di certo in merito a questo vitigno è chiaro che c’è un potenziale inespresso, prima di tutto in termini di diffusione nel territorio. Il Semidano è un vino bianco con lo spirito della Sardegna e con tutte le carte in regola, chiede solo di essere riscoperto, di essere “chiaccherato” sia in Sardegna che fuori dalla regione.

P.S. e quindi, per chiaccherare, a tal proposito, prima o poi vi parlerò per esempio di un Semidano ottenuto da vinificazione e affinamento in anfora, un vino che mi ha stupito. Seguiteci!

P.P.S. “Davide, scrivilo che il Sémida è buono, se ne può bere anche di più e non fa venire mal di testa ” mi suggerisce Cristina. Oh, non vedo come dovrei o potrei contraddirla.

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Giugno 2025, Unione Sarda parla delle novità che riguardano i Consorzi di Tutela di Vermentino e Cannonau.

Davide Moressa

Davide Moressa  ”Alien” - Sommelier appassionato di Vino e del mondo che lo circonda -  Se mi volete contattare scrivete a davidemoressa@tiscali.it

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